Il Concordato preventivo biennale (Cpb), introdotto come strumento per incentivare la regolarizzazione fiscale dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese, sta suscitando non poche perplessità. Se per alcuni può sembrare una provocazione, l’Ufficio studi della CGIA l’ha già definito come un “mezzo flop”, e i numeri iniziali sembrano confermare tale interpretazione. Le adesioni al Cpb sono state ben al di sotto delle attese e il gettito fiscale previsto ha mostrato una realtà ben diversa da quella sperata. Ma cosa c’è dietro questa delusione? La risposta sembra risiedere nel fatto che l’evasione fiscale degli autonomi, almeno al Nord, è inferiore a quella inizialmente stimata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
I numeri dell’insuccesso: adesioni al di sotto delle attese
Le prime informazioni rilasciate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) parlano di circa 500.000 adesioni al Cpb da parte di lavoratori autonomi e piccole imprese, a fronte di una stima di 4,5 milioni di soggetti potenzialmente coinvolti. Di questi, 1,8 milioni appartengono al regime forfettario e 2,7 milioni sono soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa). Se consideriamo il gettito che doveva arrivare nelle casse dello Stato, il risultato è altrettanto deludente: i 2 miliardi di euro inizialmente stimati sono diventati 1,3 miliardi, con una media di 2.600 euro versati da ciascun aderente.
Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia (FVG), le cose non sono molto diverse. Su 85.200 partite Iva e imprese che avrebbero dovuto essere potenzialmente coinvolte nel Cpb, solo 11.000 hanno deciso di aderire, ovvero il 13% del totale. Questo ha generato un gettito di circa 30 milioni di euro, un ammontare significativamente inferiore rispetto alle stime iniziali. Dati che fanno riflettere sulla reale dimensione dell’evasione fiscale tra i lavoratori autonomi. Ma come mai le adesioni sono state così basse?
Le stime “inattendibili” del MEF: un popolo di evasori?
Il MEF ha stimato un tax gap delle entrate tributarie e contributive pari a 82,4 miliardi di euro, con l’Irpef degli autonomi rappresentante una delle voci principali di evasione, stimata in 29,5 miliardi di euro, ovvero circa il 70% di quanto dovuto. Questi numeri, tuttavia, sono stati messi in discussione da vari esperti. Un esempio viene fornito dalle dichiarazioni dei redditi degli autonomi in contabilità semplificata, tipici artigiani e commercianti, che nel 2021 hanno dichiarato mediamente 33.000 euro lordi. Se, come suggerisce il MEF, questi contribuenti evadano circa il 70% dell’Irpef, ciò implicherebbe che dovrebbero dichiarare circa 74.000 euro, un reddito che risulta del tutto irrealistico per chi opera da solo, lavorando al massimo 10-12 ore al giorno.
Inoltre, le stime del MEF non hanno tenuto conto di una parte considerevole degli autonomi, come coloro che non sono soggetti al pagamento dell’Irap (ad esempio, professionisti senza autonoma organizzazione o agricoltori), che rappresentano oltre la metà dei lavoratori autonomi in Italia. Questo dimostra che le stime elaborate dal Ministero non sono del tutto precise e tendono a sovrastimare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Il FVG: una realtà diversa rispetto al Sud
Un altro dato interessante emerge dalle dichiarazioni dei redditi degli autonomi, che differiscono notevolmente tra il Nord e il Sud Italia. Nel Friuli Venezia Giulia, mediamente, gli autonomi dichiarano 33.205 euro, ben 43% in più rispetto ai colleghi del Sud, dove le dichiarazioni si fermano a 23.000 euro. Questo divario è legato a molteplici fattori, inclusa la diversa situazione economica e sociale, ma anche alla maggiore presenza di evasione fiscale nel Mezzogiorno, dove molti lavoratori autonomi ricorrono a pratiche fiscali per “sopravvivere”.
Nel confronto con altre regioni, i dati rivelano che in Lombardia gli autonomi dichiarano una media di 35.462 euro, in Trentino Alto Adige si attestano a 34.436 euro, e in Veneto raggiungono i 33.318 euro, molto vicini a quelli del Friuli Venezia Giulia. Al contrario, in Sicilia, Puglia, Campania e in altre regioni del Sud, i redditi dichiarati sono significativamente più bassi.
Un’arma per gli evasori incalliti?
Il Cpb si è rivelato uno strumento particolarmente vantaggioso per chi ha una lunga storia di evasione fiscale. In cambio di una somma relativamente modesta, i contribuenti che aderiscono al Cpb possono “congelare” i controlli fiscali per due anni. Questo ha suscitato il sospetto che molti lavoratori autonomi abbiano visto nel Cpb una comoda via per sistemare la propria posizione senza dover affrontare veri e propri accertamenti fiscali. Nonostante ciò, l’adesione è stata ben al di sotto delle aspettative, proprio perché la presunta evasione fiscale tra gli autonomi sarebbe, secondo la CGIA, molto inferiore a quanto indicato nelle stime del MEF.
Pochi controlli? I numeri dicono altro
Contrariamente a quanto si pensi, i controlli fiscali non sono affatto rari. Nel 2023, tra lettere di compliance, accertamenti e verifiche, sono stati coinvolti circa 3,5 milioni di lavoratori autonomi e imprese, ovvero circa il 65% del totale. Inoltre, i controlli non riguardano solo la parte fiscale, ma si estendono anche alla sicurezza sul lavoro e agli aspetti contrattuali. Un’ulteriore conferma del fatto che l’attività ispettiva non si limita alla semplice verifica fiscale, ma include anche il controllo delle condizioni di lavoro e il rispetto delle normative in materia di salute e sicurezza.
La riapertura dei termini: una seconda chance
In seguito ai risultati deludenti del Cpb, il Governo sembra intenzionato ad approvare rapidamente un decreto per riaprire i termini per l’adesione al Cpb, fissando una nuova scadenza per il 10 dicembre 2024. Una mossa che, sebbene comprensibile in un’ottica di recupero del gettito, evidenzia che il primo tentativo di adesione al Cpb è stato ben al di sotto delle aspettative iniziali. Ciò dimostra che le misure messe in campo non sono riuscite a colpire i soggetti che più avrebbero dovuto beneficiare di questa “sanatoria fiscale”.
Regioni | Contribuenti in regime forfetario | Contribuenti ISA | Totale |
---|---|---|---|
Piemonte | 139,010 | 197,631 | 336,641 |
Valle d’Aosta | 4,406 | 7,364 | 11,770 |
Lombardia | 320,380 | 515,102 | 835,482 |
Liguria | 56,110 | 72,865 | 128,975 |
Trentino Alto Adige | 25,795 | 60,693 | 86,488 |
Veneto | 133,436 | 260,988 | 394,424 |
Friuli Venezia Giulia | 33,301 | 51,907 | 85,208 |
Emilia Romagna | 132,341 | 232,163 | 364,504 |
Toscana | 126,280 | 203,806 | 330,086 |
Umbria | 27,263 | 43,691 | 70,954 |
Marche | 47,481 | 82,063 | 129,544 |
Lazio | 215,772 | 255,103 | 470,875 |
Abruzzo | 42,462 | 59,766 | 102,228 |
Molise | 9,380 | 13,080 | 22,460 |
Campania | 168,873 | 205,017 | 373,890 |
Puglia | 113,513 | 157,839 | 271,352 |
Basilicata | 14,706 | 22,549 | 37,255 |
Calabria | 53,481 | 64,780 | 118,261 |
Sicilia | 137,758 | 161,222 | 298,980 |
Sardegna | 45,517 | 65,342 | 110,859 |
ITALIA | 1,847,265 | 2,732,989 | 4,580,254 |
N° totale partite Iva potenzialmente interessate | Stima numero aderenti al 31.10.2024 | Stima % su totale | Stima gettito (milioni di euro) |
---|---|---|---|
85,200 | 11,000 | 13 | 30 |
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