BELLUNO – Il 12enne Emanuele Costa perse la vita nel luglio 2003, annegando in un punto fangoso del lago di Santa Croce, in seguito a un abbassamento del livello dell’acqua causato da operazioni tecniche in corso. Il terreno melmoso, divenuto insidioso e indistinguibile dalla riva, si rivelò una trappola fatale.
Risarcimento iniziale, poi la svolta nei tribunali
In primo grado era stato riconosciuto un risarcimento complessivo di 600mila euro: 400mila alla madre e 200mila ai nonni, in considerazione anche dell’agonia vissuta dal ragazzo prima della morte. Secondo i giudici, mancavano adeguate segnalazioni di pericolo nei pressi dell’area coinvolta.
La famiglia deve restituire parte della somma
La Corte d’Appello ha successivamente ridimensionato la responsabilità degli enti coinvolti, stabilendo un concorso di colpa del 20% a carico della madre e del minore, per negligenza e mancata sorveglianza. La decisione è stata confermata dalla Cassazione, rendendo definitiva la restituzione del 20% del risarcimento ricevuto da Enel, Comune di Alpago e Generali Assicurazioni.
Una vicenda che lascia l’amaro in bocca
Nonostante le argomentazioni della difesa, secondo cui la pericolosità dell’area non era minimamente intuibile, i supremi giudici hanno ritenuto sussistente una corresponsabilità. La decisione ha suscitato profondo dolore e frustrazione nei familiari, che vedono nella restituzione un gesto ingiusto dopo anni di sofferenza.