L’afa africana di questa estate ha ridotto fino al 40 per cento la capacità delle mucche di produrre latte. Ma questa è soltanto l’ennesima tegola caduta quest’anno sul comparto zootecnico. Assieme all’aumento dei costi energetici, dei mezzi tecnici e alla siccità che ha ridotto i raccolti di foraggi e mais, si è creato un mix esplosivo che avrà ricadute fino al 2023 sull’intera filiera lattierocasearia del Friuli Venezia Giulia.
È l’analisi fatta da Fondazione Agrifood FVG, che conferma gli allarmi già lanciati da diversi operatori economici, non soltanto agricoli, in quanto le conseguenze dirette sono già arrivate a caseifici e stagionatori ed ora si stanno trasferendo sui prezzi di vendita e sulla competitività dei formaggi regionali.
Tempesta perfetta
“Nei giorni scorsi gli allevatori regionali hanno lanciato il grido di allarme per un costo di energia e carburante che mette a rischio la sopravvivenza delle aziende di medie dimensioni – spiega il presidente Claudio Filipuzzi -. Forte è stato poi l’impatto della scarsità di precipitazioni e di risorse irrigue nel periodo primaverile ed estivo. Infatti, se le colture invernali come grano e orzo si sono salvate, il raccolto di foraggi e mais risulta molto scarso con il rischio concreto di scorte insufficienti per l’alimentazione delle mandrie di mucche per l’inverno. Tutto questo fa temere che la disponibilità di una delle risorse più importanti per il sistema alimentare regionale, il latte, venga seriamente messa a rischio”.
I caseifici, già sotto pressione per l’impennata dei costi energetici, registrano oggi una difficoltà di approvvigionamento e, comunque, a prezzi cresciuti di molto negli ultimi mesi. Chi produce formaggi tutelati, come il Montasio DOP, inoltre può contare soltanto su latte munto nella zona prevista dal disciplinare.
“Le vacche soffrono il caldo e, nonostante i miglioramenti al benessere animale apportati da tutte le nostre aziende, riducono sensibilmente la produzione di latte – continua Filipuzzi -. Una vacca da latte comincia a soffrire a temperature superiori ai 30°C (la “normalità” per quest’anno) e ancor di più se il tasso di umidità aumenta. In periodi caldi e afosi le vacche stressate possono ridurre la propria capacità di produrre latte anche del 40 per cento. Varie stalle avevano già aumentato il numero delle bestie avviate all’asciutta (periodo di non produzione di latte che precede il parto) per contenere i costi della loro alimentazione quando i cereali erano schizzati alle stelle a fine primavera. Oggi, quindi, in Friuli Venezia Giulia la produzione è sensibilmente calata”.
Le testimonianze
Il quadro è confermato da diverse testimonianze. “Siamo venuti incontro agli allevamenti aumentando il prezzo di acquisto del latte – dichiara Andrea Marizza titolare della latteria Montanari di Villesse -, ma stiamo subendo la quintuplicazione dei prezzi di gas ed energia elettrica ed è previsto un ulteriore loro aumento questo inverno. La filiera ha ormai esaurito i margini di sopportazione e non sappiamo più come riuscire a proporre un prezzo finale sostenibile per il consumatore”.
“Abbiamo aumentato il prezzo di acquisto del latte ai nostri conferitori del 10-15%, ma questo ancora non basta – spiega il presidente della latteria cooperativa di Cividale, Ariedo Bront -. Gli allevatori dovranno affrontare nei prossimi mesi nuovi costi di produzione e di approvvigionamento dei mangimi”.
“La consistenza delle scorte per l’alimentazione bovina è notevolmente ridotta in tutto il mercato italiano – conferma il presidente della cooperativa cerealicola Vieris, Daniele Castagnaviz -. Per giunta, a causa della siccità il raccolto di mais, necessario per i mangimi, è scarso e di scarsa qualità.
Le conclusioni
“L’insieme di questi fattori – conclude il presidente di Fondazione Agrifood FVG Claudio Filipuzzi – lascia prevedere un autunno e un inverno pesanti per i nostri allevatori che, accanto all’aumento dei costi di produzione, dovranno fare i conti anche con la sostenibilità del mercato. Non se la passeranno meglio le imprese di trasformazione ed i caseifici per i quali raccogliere e trasformare latte di qualità sarà non solo più difficile ma anche, sicuramente, molto più costoso. Anche il consumatore quindi vedrà ridursi la sua possibilità di acquistare prodotti locali a prezzi vantaggiosi. Chi è attento al carrello della spesa probabilmente se ne è già accorto”.
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