Il giudice conferma il diniego della fornitura dei farmaci per il “suicidio assistito”
Il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta della Azienda USL Toscana Centro di fornire i farmaci necessari per la procedura di “suicidio assistito” a una donna toscana di 70 anni affetta da BPCO. La malattia polmonare, causata dal restringimento persistente delle vie aeree, aveva ottenuto il via libera per accedere alla procedura di aiuto alla morte volontaria. Questa pratica è stata resa legale in Italia dalla sentenza del 2019 sul caso “Cappato\Dj Fabo”.
Il giudice ha confermato il diniego presentato dall’azienda sanitaria, ponendo fine alle speranze della donna di poter scegliere il momento della sua morte. La decisione ha sollevato diverse polemiche e dibattiti sulla legalità e la moralità del “suicidio assistito” nel nostro Paese. La donna, con il supporto della sua famiglia e dei suoi medici, aveva espresso chiaramente il desiderio di porre fine alle sue sofferenze attraverso questa procedura. Tuttavia, la decisione del giudice ha sancito che la legge italiana attualmente non consente la fornitura dei farmaci per il “suicidio assistito” in questo caso specifico.
La vicenda ha riaperto il dibattito sull’eutanasia e sul diritto di scegliere il momento della propria morte, sollevando interrogativi etici e legali che riguardano la libertà individuale e il rispetto per la vita umana. La donna e la sua famiglia stanno valutando le possibili azioni legali da intraprendere per ottenere il rispetto della sua volontà. La decisione del giudice rappresenta un ulteriore tassello in un dibattito complesso e delicato che coinvolge la società italiana nel suo complesso.