La denatalità vista dalla ricerca di Emiliana Mangone
Le risposte alla denatalità si concentrano principalmente su aspetti economici e politiche, ma la ricerca di Emiliana Mangone aggiunge un nuovo elemento al dibattito. Il declino delle nascite è un problema strutturale che affligge la società dagli anni ’70 e parlare di emergenza oggi è un errore. Questo è quanto ha dichiarato la professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Salerno durante il suo intervento ad Adnkronos Q&A su ‘Essere genitori oggi, tra scienza e welfare’.
La ricerca condotta sui giovani in età fertile, compresa tra i 18 e i 35 anni, ha rivelato che, nonostante abbiano una certa indipendenza economica, la maggior parte di loro vive ancora con la famiglia. Scelgono di avere un figlio solo se sentono un forte desiderio di diventare genitori, anche se potrebbero permettersi una casa propria. Inoltre, emerge che questi giovani si affidano esclusivamente alle relazioni di prossimità, come famiglia, amici e partner, per affrontare le difficoltà legate alla genitorialità. Questo atteggiamento fiduciario limitato rende difficile assumersi la responsabilità di avere figli se non si ha un sostegno diretto da parte delle persone più vicine.
Mangone sottolinea la necessità di creare fiducia reciproca tra i giovani e di rafforzare il sistema di welfare comunitario. L’intelligenza artificiale non può sostituire le relazioni umane nel processo di crescita di un figlio, quindi è essenziale tornare a valorizzare l’aspetto umano delle relazioni. Questo implica educare i giovani a sentirsi parte di una comunità in cui possono condividere le responsabilità non solo economiche, ma anche affettive all’interno della coppia per poter accogliere un nuovo membro nella famiglia.