TRIESTE – Dopo oltre tre anni di indagini, il caso di Liliana Resinovich potrebbe arrivare a una svolta.
Gli esperti incaricati di analizzare i reperti trovati sul corpo della donna hanno individuato capelli potenzialmente utili a identificare il responsabile del delitto.
Il team di periti di Trieste, composto da Cristina Cattaneo, Stefano Vanin, Stefano Tambuzzi e Biagio Eugenio Leone, ha infatti escluso l’ipotesi del suicidio, evidenziando la presenza di lesioni compatibili con un’aggressione.
Le analisi dei capelli potrebbero condurre all’identità dell’assassino
Le indagini scientifiche si sono concentrate sui capelli trovati sulla scena del crimine, che potrebbero contenere tracce di DNA appartenente all’assassino. Gli specialisti stanno utilizzando le più avanzate tecniche di estrazione genetica per confrontare i campioni con quelli già raccolti nel corso delle indagini.
Le nuove analisi sui capelli potrebbero ora fornire un elemento chiave per comprendere cosa sia accaduto davvero. Se i test dovessero rilevare il DNA di una persona specifica, le indagini potrebbero prendere una direzione definitiva.
La perizia ha confermato che le ferite riscontrate non possono essere frutto di un incidente e che, di conseguenza, il coinvolgimento di una terza persona appare la spiegazione più plausibile.
Il fratello di Liliana: «Ha sofferto tanto, vogliamo la verità»
In questi anni, la famiglia di Liliana Resinovich non ha mai smesso di chiedere giustizia. Sergio Resinovich, fratello della vittima, ha ribadito la sua convinzione che la donna sia stata uccisa, affermando:
«È stata picchiata, ha patito e sofferto tanto. Noi abbiamo sempre cercato la verità, ma il marito ha remato contro».
Il ruolo del marito e i dubbi mai risolti
Fin dall’inizio delle indagini, i riflettori si sono spesso puntati su Sebastiano Visintin, marito di Liliana. Se da un lato l’uomo ha sempre dichiarato di essere estraneo ai fatti, dall’altro la famiglia della donna ha più volte espresso sospetti nei suoi confronti.