Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito, e nel rispetto dei diritti degli indagati (che, in considerazione dell’attuale fase di indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti la colpevolezza), si rende noto che le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso, in esecuzione di un decreto di sequestro emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Treviso, su richiesta della locale Procura della Repubblica, hanno sequestrato crediti d’imposta per circa 7 milioni di euro, nonché disponibilità finanziarie e immobili per circa 1,2 milioni di euro.
L’indagine interessa i crediti relativi al c.d. “Superbonus 110%”, agevolazione fiscale disciplinata dal Decreto Rilancio, che consente al committente dei lavori una detrazione pari al 110% delle spese sostenute per la realizzazione di specifici interventi, finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.
Il committente, in alternativa alla detrazione, può optare per un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori dei beni o servizi (c.d. sconto in fattura) o cedere a terzi il credito corrispondente alla detrazione spettante.
Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Treviso, valorizzando le informazioni presenti nelle banche dati e avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia delle Entrate, ha approfondito la posizione di un consorzio con sede nella Destra Piave, costituitosi proprio durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
Le investigazioni hanno permesso di acquisire solidi indizi sulla natura fittizia di crediti correlati al Superbonus 110% per oltre 24 milioni di euro, monetizzati dal predetto consorzio presso istituti di credito e intermediari finanziari.
L’ente consortile, che nel primo anno di attività aveva fatto incetta di commesse, stipulando quasi 500 contratti, si era impegnato a realizzare, senza alcun onere in capo al committente, interventi su immobili situati principalmente in Veneto, Lombardia e Friuli – Venezia Giulia.
Grazie alla compiacenza di un ingegnere, con funzione di attestatore, il consorzio ha potuto trasmettere all’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) documentazione che certificava falsamente l’avvenuta esecuzione di lavori oggetto dell’agevolazione.
I riscontri dei finanzieri, invece, hanno fatto emergere che, per circa 230 contratti, nulla è stato concretamente realizzato. Dei lavori edili oggetto di agevolazione, infatti, a distanza di mesi dalla stipula del contratto, contrariamente a quanto riportato negli stati avanzamento lavori, non è stata rinvenuta alcuna traccia.
Alcuni committenti, dopo aver receduto dal contratto a causa del mancato rispetto dei termini ivi stabiliti, hanno scoperto di aver maturato e ceduto al consorzio, “a loro insaputa”, i crediti correlati ai lavori edili mai avviati.
Il sequestro disposto dall’Autorità Giudiziaria trevigiana ha dunque colpito beni mobili e immobili per un totale di 8,2 milioni di euro: si tratta, in particolare, di crediti d’imposta ancora presenti nei cassetti fiscali, di disponibilità finanziarie e di un immobile, tutti riconducibili al consorzio e ai tre responsabili della frode, indagati dalla Procura della Repubblica di Treviso per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.
L’intervento testimonia, ancora una volta, l’impegno profuso dalla Guardia di Finanza di Treviso nell’attività di contrasto delle condotte che pregiudicano il corretto impiego dei fondi pubblici destinati a sostenere il rilancio del Paese e ad arginare l’impatto sulle famiglie e sulle imprese della crisi conseguente all’emergenza pandemica.
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