Drenchia, uno dei gioielli nascosti del Friuli Venezia Giulia, si distingue come il comune più piccolo della regione. Situato nelle Valli del Natisone, questo incantevole borgo offre un paesaggio mozzafiato che affascina i visitatori. Drenchia rappresenta uno dei pochi comuni italiani che confinano direttamente con la Slovenia. Questo piccolo comune si snoda lungo la strada provinciale n. 45 della “Val Cosizza”, comprendendo varie frazioni e lambendo la splendida catena montuosa del Monte Colovrat, che funge da confine naturale con la Slovenia.
Il panorama
Il panorama da queste alture è incantevole: da Monte Colovrat si domina la valle sottostante e, in lontananza, si può osservare la pianura friulana. I boschi lussureggianti e densi di quest’area, specialmente in estate, danno l’impressione di un vasto mare verde. Nei giorni sereni, dalla sommità del Colovrat si possono scorgere chiaramente le città di Udine e Cividale, la laguna di Grado, Monfalcone e parte dell’Istria.
All’interno del territorio di Drenchia si trova un valico di frontiera di seconda categoria, situato nei pressi di Casoni Solarie, che consente di entrare in Slovenia e di godere delle vedute sulla vallata dell’Isonzo. Questo passaggio di confine ha facilitato uno scambio culturale e di tradizioni tra le due popolazioni per secoli, un fenomeno sostenuto dalla presenza di un dialetto di origine slovena parlato a Drenchia e nelle Valli del Natisone.
La storia
Drenchia era parte integrante della Banca di Merso, un’entità che godeva di un certo grado di autonomia amministrativa e giuridica, garantita dai Patriarchi e implementata dalla Repubblica di Venezia. Originariamente, la zona che comprende la Valle dell’Erbezzo e del Cosizza, era un feudo sotto il controllo dei Signori di Cividale del Friuli fino al XII secolo. Con l’avvento di Napoleone Bonaparte, il territorio passò sotto il dominio degli Asburgo e successivamente entrò a far parte del Regno Italico. Dopo questo periodo, la regione ritornò sotto il controllo austriaco fino al 1866, anno in cui fu annessa all’Italia.
Con il termine della Seconda Guerra Mondiale, i confini tra Italia e Yugoslavia furono definitivamente stabiliti, influenzando profondamente il territorio di Drenchia. La nuova demarcazione confinaria portò alla divisione di molte proprietà terriere tra i due stati, complicando le attività agricole, che all’epoca rappresentavano il principale sostentamento della popolazione locale. Gli agricoltori, per continuare a coltivare e raccogliere i prodotti della terra, erano costretti a passare il confine italo-jugoslavo, usufruendo di un lasciapassare concordato tra le due nazioni.
Dopo il conflitto, si è verificata un’intensa migrazione della popolazione di Drenchia verso aree italiane e estere che offrivano migliori opportunità lavorative, determinando profonde trasformazioni demografiche e socio-economiche nella zona.
Il territorio di Drenchia è caratterizzato da un ambiente montuoso con scarse aree coltivabili. La vegetazione è varia e abbondante, includendo specie come betulle, pioppi, querce, roveri, frassini e, soprattutto, numerosi castagni. Tradizionalmente, l’agricoltura si concentrava su colture di mais, patate, fagioli e rape, e non mancavano gli alberi da frutto quali meli, peri, susini e ulteriori castagni.
Oggi, tuttavia, le pratiche agricole sono largamente trascurate, principalmente a causa dell’età avanzata degli abitanti locali, la cui media supera i sessantacinque anni. Di conseguenza, i terreni sono spesso lasciati incolti, favorendo l’espansione naturale di arbusti e foreste che stanno progressivamente invadendo le piccole frazioni.
Questa situazione è riflessa non solo a Drenchia ma anche nei comuni circostanti, dove le prospettive di sviluppo socio-economico sono limitate. La scarsità di giovani, che nel tempo tendono a trasferirsi verso le aree più pianeggianti in cerca di migliori opportunità, contribuisce all’invecchiamento della popolazione e alla progressiva diminuzione degli abitanti. Nei passati quaranta anni, la popolazione di Drenchia è drammaticamente calata, passando da 1128 a soli 197 residenti, segnalando un lento ma inesorabile spopolamento del comune.
Zone naturali di interesse
A sud di Clabuzzaro si estende la stretta e suggestiva valle Cela, che si unisce a quella del fiume Judrio, notevole per la sua morfologia impervia. Quest’area è ricoperta da una variegata vegetazione forestale su entrambi i lati della valle, con presenza di latifoglie come faggi, aceri di montagna, frassini e tigli selvatici. Si trovano anche castagneti ormai abbandonati e aree boschive dominate da specie come il carpino nero e l’orniello sui pendii rocciosi, mentre nelle zone più basse prevalgono i carpineti.
All’estremità orientale delle Valli del Natisone si eleva la dorsale del Colovrat, che percorre una distanza di quattro chilometri e si erge a circa mille metri sopra la valle dell’Isonzo, offrendo panorami mozzafiato e un habitat naturale di notevole valore ecologico.
Itinerari di escursione
Uno dei percorsi più accessibili e affascinanti è la vecchia mulattiera panoramica del Monte Colovrat. Partendo da Crai, è possibile percorrere una strada turistica che arriva fino al Passo di Solarie, dove si trova un moderno Rifugio Escursionistico dotato di un vasto parcheggio. Da qui si può seguire un sentiero che si snoda lungo la linea spartiacque del Monte Colovrat, arrivando fino al Bivacco “Zanuso Giuseppe”, posizionato quasi sulla cresta del monte. Camminando tra i cespugli di ginepro, si possono ammirare magnifici panorami delle Valli del Natisone e, nei giorni più limpidi, lo sguardo può estendersi fino al Golfo di Trieste. Questa salita, che richiede meno di un’ora, termina con un passaggio che indica il confine.
Monumenti e opere d’arte principali
La Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta è un esemplare di architettura settecentesca, eretta su una struttura preesistente. La sua facciata è caratterizzata da quattro lesene che culminano in un frontone. Il campanile della chiesa, di forma quadrata e con una bifora per le campane, suggerisce che la sua costruzione risale a un periodo precedente.
All’interno, si trova una notevole statua lignea raffigurante la Madonna con Bambino, che nel corso del tempo ha subito vari interventi, inclusi significativi ritocchi pittorici e il restauro delle teste. Quest’opera d’arte è datata agli inizi del XVI secolo e mostra affinità con lo stile di Giovanni Martini.
Architettura rurale
Nel contesto delle Valli del Natisone, alcune case nei villaggi di Peternel, Obenetto, Lase, Clabuzzaro e Crai mantengono caratteristiche architettoniche rurali tradizionali. In particolare, nei piccoli borghi di Cras, Oznebrida e Trusgne, situati in cima ai crinali e simili tra loro, si possono osservare i “Kaste”, che sono piccoli fienili risalenti al XV secolo. Queste strutture sono costruite con basamenti in pietra e solai in legno, e sono caratterizzate da tetti a due falde molto inclinate. La maggior parte di questi edifici è stata restaurata dopo il terremoto del 1976, conservando così un importante aspetto del patrimonio storico e culturale della zona.
Luoghi di interesse militare
Nella località di “Casoni Solarie”, un monumento commemorativo è stato eretto in onore di Riccardo Di Giusto, il primo caduto durante la guerra del 1915-1918. Il cippo si trova vicino a un’antica via militare di rifornimento che inizia da Luico, passa attraverso il Colovrat e arriva fino al Passo Solarie, un’area segnata da numerose caverne e resti di trincee. Proseguendo verso Clabuzzaro, si incontra un grande fontanone abbellito da un fregio. Inoltre, nel villaggio di San Volfango si può visitare quello che una volta era un cimitero militare.