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CronacaEventiFriuli Venezia GiuliaNotiziePORDENONE

Pordenone Docs Fest: Giuria al femminile per un programma con le donne protagoniste

Redazione Web
Ultimo aggiornamento 27 Febbraio 2023 11:56
Redazione Web
2 anni fa
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Pordenone, 27 febbraio 2023. Sarà la grande regista cilena Valeria Sarmiento a presiedere la Giuria, tutta al femminile, della XVI edizione del Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario, il festival di Cinemazero che anche quest’anno, dal 29 marzo al 2 aprile, trasforma il capoluogo friulano in un osservatorio privilegiato sulla contemporaneità. Accanto a Sarmiento, a giudicare i film in concorso ci saranno Costanza Quatriglio, regista e sceneggiatrice, direttrice artistica e coordinatrice del Centro Sperimentale di Cinematografia – documentario, e Beatrice Fiorentino, giornalista e critica cinematografica, delegata generale presso la Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Sarmiento, fuggita dalla dittatura di Pinochet per proseguire la carriera a Parigi, con il marito Raúl Ruiz, è autrice di film che illustrano la realtà dell’America Latina da un punto di vista prettamente femminile. Di lei, a Pordenone, verranno presentati per la prima volta in Italia alcuni rari documentari.

«Abbiamo scelto un terzetto d’eccellenza, a dimostrazione che le donne, nel mondo del cinema e della cultura, ci sono e hanno profili di assoluta qualità. – Dice il curatore del festival Riccardo Costantini. – Bisogna allargare ancora di più la loro partecipazione e valorizzare la loro presenza in tutta la filiera».

Le tre giurate avranno il compito di valutare quindici documentari in anteprima nazionale, tutti provenienti dai maggiori festival mondiali. Di questi, dieci vedono alla regia una donna, individualmente o come coautrice. Oltre 400 i film valutati nella preselezione, per arrivare ai 46 titoli in programma (7 dei quali sono documentari in Realtà Virtuale), tutti accompagnati da registe e registi, provenienti dai Paesi più diversi: Iran, Francia, Italia, Olanda, Perù, Siria, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Gran Bretagna, Serbia, Ucraina, Turchia, Cile, Pakistan, Danimarca.

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Inclusività, ecologia, femminismo, guerra, disabilità sono i temi che il festival mette in luce con occhi diversi, a rispecchiare la complessità del mondo e le molteplici sfaccettature attraverso cui guardarlo.

«La nostra selezione ha motivazioni ben precise: punta ad accendere i riflettori su temi di assoluta importanza sociale, partendo prima di tutto dalla qualità e dalla capacità dei film di coinvolgere il pubblico per la loro bellezza, -prosegue Costantini. – Il documentario può agire concretamente per il cambiamento: i film che proponiamo sono i più intensi e validi sui temi dell’oggi».

Tra questi, a conferma della vocazione al femminile dell’edizione di quest’anno, “Destiny” di Yaser Talebi, è il ritratto di una giovane iraniana che combatte per i suoi sogni. Vuole essere libera di studiare Medicina, realizzando il desiderio di sua madre, ma anche di avere una vita sui social, ballare e cantare. La famiglia allargata, però, ha altri piani per lei. Il film è un viaggio nell’Iran contemporaneo, lontano dalle città, dove religione e tradizione condizionano rigidamente la vita. “My name is Happy” di Nick Read e Ayse Toprak racconta l’impegno di una popolarissima star di TikTok e cantante contro la violenza sulle donne in Turchia. La protagonista, una donna curda del sud-est del paese, è capace di trasformare il dolore per il femminicidio della sorella, e delle violenze che lei stessa ha subito, in un messaggio di protesta per tutte le donne. E ancora “Moosa Lane”, è il personale racconto epico familiare, fra migrazione e necessità di radici umane, della regista danese-pakistana Anita Mathal Hopland, che guarda alla storia delle sue due famiglie, tra Karachi e Copenhagen, per quindici anni. 

Il festival, inoltre, propone la retrospettiva Donne con la macchina da presa, a cura di Federico Rossin in collaborazione con i principali archivi italiani, per ripercorrere le origini del documentario femminista italiano. «Le registe donne facevano film per tutte le donne, per cambiare la vita e la società, usando tutte le armi che il cinema a basso costo poteva loro garantire», afferma Rossin. Le proiezioni diventano un’occasione per chiedersi a quali film del passato le giovani militanti di oggi possono guardare, riconoscendovi i primi passi di una battaglia culturale ancora in corso.

Oltre alle proiezioni, sempre accompagnate da registi ed esperti, il programma si arricchisce di occasioni di approfondimento legate al mondo del documentario e non solo: convegni, masterclass, matinée, seminari, workshop, concerti, presentazioni di libri, momenti Industry, mostre fotografiche: una proposta articolata, per restituire al pubblico un’immagine mai scontata o definitiva, ma quanto più nitida e completa sui temi e gli argomenti che da sempre il festival mette al centro della sua ricognizione.

BIOGRAFIE DELLE GIURATE

Valeria Sarmiento

Ha studiato alla Scuola di Cinema dell’Università del Cile e ha sposato Raúl Ruiz nel 1969, con il quale ha collaborato artisticamente fino alla sua morte nel 2011, montando molti dei suoi film. Come regista, ha realizzato più di 28 film, tra documentari e fiction. Molti hanno ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, tra cui Nôtre Mariage (Miglior opera prima, San Sebastián, 1984) e Linhas de Wellington (con John Malkovich, Catherine Deneuve e Isabelle Huppert, scelto per rappresentare il Portogallo agli Oscar 2013, dopo essere stato in concorso internazionale alla Mostra del Cinema di Venezia).

Un tema frequente nel suo lavoro è la situazione delle donne in una cultura misogina, e con la sua opera rivendica il punto di vista femminile sugli eventi storici. Ha debuttato come regista con il documentario con Un sueño como de colores (1972), sulla condizione delle ballerine di streaptease. Nel 1974, in seguito al golpe militare di Augusto Pinochet, si è trasferita a Parigi, dove ha girato La dueña de casa (1975). La sua opera forse più femminista è El hombre cuando es hombre (1982), satira sul “macho” latinoamericano. Il suo Rosa la China nel 2002 è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Controcorrente e al Toronto Film Festival  nella sezione Contemporary World Cinema. Nel 2017 ha diretto il completamento di The Wandering Soap Opera, che era stato girato da Raúl Ruiz a Santiago nel 1990. Il film è stato presentato in anteprima mondiale nel Concorso Internazionale del Festival di Locarno, dove ha vinto il Premio della critica indipendente per la migliore regia, per poi essere premiato anche al Festival di Mar del Plata. Nel 2018 la Cinémathèque Française le ha dedicato un’ampia retrospettiva. Nel 2019 le è stato conferito un dottorato honoris causa dall’Università di Valparaiso in Cile. Nel 2020 ha diretto il completamento di The Tango of the Widower and its Distorting Mirror, di Raúl Ruiz, presentato in anteprima mondiale alla Berlinale, aprendo la prestigiosa sezione Forum. 

Beatrice Fiorentino

Giornalista freelance, saggista, critico cinematografico, scrive per i quotidiani Il Manifesto, Il Piccolo, per le riviste 8 e ½, Cinecritica e Cinecittà News. Ha insegnato linguaggio cinematografico e audiovisivo all’Università del Litorale di Capodistria ed è docente a contratto di Semiologia del cinema e dell’audiovisivo all’Università degli Studi di Trieste. Ha ricevuto il Premio Akai come “Miglior critico cinematografico” alla 71^ Mostra del Cinema di Venezia ed è parte della commissione “Film della Critica” del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Ha curato rassegne e selezioni, dal 2016 è nel comitato di selezione della Settimana Internazionale della Critica di Venezia, di cui è stata nominata Delegata Generale nel 2020. Fa parte degli EFA (European Film Academy) e dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello.

Costanza Quatriglio

Regista, sceneggiatrice e direttrice artistica della sede Sicilia del Centro Sperimentale di Cinematografia dedicata al cinema documentario. Esordisce con il pluripremiato L’isola alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes nel 2003. Due volte Nastro d’Argento per il miglior documentario con Terramatta; nel 2013 e Triangle nel 2014, vincitori inoltre di numerosi riconoscimenti. Nel 2007 è stata la produttrice creativa della serie tv Un posto al sole. Ha diretto film e documentari presentati e premiati nei più importanti festival internazionali. Tra questi Ècosaimale (2000); Il mio cuore umano (2009); Con il fiato sospeso (2013); 87 ore (2015). I suoi film più recenti sono Sembra mio figlio, presentato a Locarno nel 2018 e vincitore – tra gli altri – di un Ciak d’Oro; il TV Movie La bambina che non voleva cantare (2021) e Trafficante di virus (2021 Amazon Prime).

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