Ritrovamenti archeologici nel cantiere A4 Alvisopoli - Portogruaro
Nell’ambito dei lavori per la realizzazione della terza corsia della A4(Portogruaro – Alvisopoli), nell’area del nodo di Portogruaro, durante le verifiche di archeologia preventiva eseguite su prescri...
Nell’ambito
dei lavori per la realizzazione della terza corsia della A4
(Portogruaro – Alvisopoli), nell’area del nodo di Portogruaro,
durante le verifiche di archeologia preventiva eseguite su prescrizione
della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area
metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso,
sono emersi alcuni resti archeologici risalenti,
con buona probabilità, ai primi secoli dopo Cristo. Si tratta di
un’imponente struttura composta da file di pali infissi verticalmente
nel terreno alternati a tavole lignee disposte in orizzontale, e da un
costipamento di mattoni e tegole alla base, che –
secondo un primo esame condotto dalla direzione scientifica della
Soprintendenza – avrebbe avuto la funzione di difesa spondale, lungo un
antico corso d’acqua non più esistente.
La
scoperta è avvenuta a marzo dello scorso anno durante la realizzazione
di un bacino per la raccolta delle acque meteoriche, all’interno
dello svincolo di Portogruaro, a ridosso della carreggiata in direzione
Trieste. All’emergere delle prime palificate lignee, individuate dagli
Archeologi incaricati del controllo ai lavori in corso, su indicazione
della Soprintendenza le lavorazioni - nella
sola area del rinvenimento - sono state sospese per consentire
l’esecuzione di tre estesi sondaggi stratigrafici, che hanno riportato
alla luce ampi tratti del manufatto, mettendone in evidenza le potenti
caratteristiche tecnico-costruttive e dimensionali.
Le indagini hanno verificato che la strutturazione, ampia più di 3
metri, si sviluppava con andamento Nord Est-Sud Ovest per oltre 60
metri, proseguendo oltre i limiti del bacino di lagunaggio in
lavorazione e suggerendo l’andamento dell’antico corso d’acqua
di cui seguiva la sponda. L’indagine archeologica ha previsto anche
l’esecuzione di sei carotaggi meccanici, spinti fino alla profondità di
20 metri, per l’acquisizione di maggiori informazioni sul contesto
antico.
L’imponenza
dell’apprestamento e le sue ottimali condizioni conservative, garantite
dalla giacitura in ambiente anaerobico, sotto
la falda acquifera, hanno motivato la scelta di conservare il manufatto
in tutta la sua estensione. Di concerto con la Soprintendenza, la
Direzione Lavori di Autovie ha elaborato una perizia di variante al
progetto, che ha modificato il profilo del bacino
adeguandolo all’andamento della struttura: in questo modo,
opportunamente protetti con stesura di geotessuto e uno strato di
inerte, è stato possibile rinterrare i resti archeologici sotto la
sponda dell’invaso, ripristinando le originarie condizioni di giacitura
che ne hanno garantito la conservazione per quasi duemila anni.
Inoltre, solo in corrispondenza del perimetro di bacino interessato dai
reperti, lo stradello di manutenzione presenterà una diversa
pigmentazione che potrà forse non sfuggire al guidatore curioso.
Nei
giorni scorsi, secondo quanto richiesto dalla Soprintendenza, a
integrazione delle indagini condotte sul campo si è dato il
via alla lettura geoarcheologica dei carotaggi e ad una campagna di
analisi di laboratorio su campioni di legno e di terreno prelevati
durante lo scavo, dal Carbonio 14, che consentirà di datare con maggior
precisione il manufatto, all’analisi dei pollini
e delle essenze dei legni.
In
seguito a tali letture sarà possibile ottenere un inquadramento più
preciso del contesto e della sua evoluzione nel tempo, oltre
a definire con maggior dettaglio l’ambiente e il paesaggio antico in
cui l’opera venne realizzata. I dati acquisiti apporteranno nuove
interessanti conoscenze alla storia più antica di questo territorio, la
cui forte valenza archeologica si lega in primis
alle importanti testimonianze della colonia romana di Iulia Concordia.
A
ricerca ultimata, saranno infine da valutare, da parte della
Soprintendenza, le più idonee modalità di diffusione dei risultati
ottenuti, anche collocando in zona, o dove meglio fruibile, un supporto
informativo che illustri le nuove scoperte.