“Compito difficile ma doveroso: assistere Filippo Turetta”
Assistere Filippo Turetta è un compito difficile ma doveroso. Il ventiduenne ha confessato l’omicidio efferato della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin. La difesa si impegna a garantire una pena giusta, nel rispetto della legalità e evitando il populismo del “buttare via la chiave”. Durante un’arringa di oltre tre ore davanti alla corte d’Assise di Venezia, l’avvocato Giovanni Caruso, insieme alla collega Monica Cornaviera, ha sottolineato l’importanza della funzione rieducativa della condanna e la necessità di evitare l’ergastolo, definito come una pena vendicativa, inumana e degradante, da infliggere con cautela quando si tratta di un giovane.
“Agito in preda all’emotività, nessuna premeditazione”
La difesa non cerca scuse per l’omicidio commesso da Turetta, ma sottolinea che l’azione è avvenuta in un momento di emotività e non è stata premeditata. Nonostante abbia privato di vita Giulia Cecchettin, la difesa afferma che l’imputato non ha agito in modo crudele o premeditato. L’avvocato Caruso contesta l’accusa di premeditazione basata sulla lista di oggetti trovati nelle sue mani prima del crimine e ribadisce che non c’era un proposito chiaro di omicidio. Turetta era ossessionato dalla vittima ma il suo comportamento ondivago indica una mancanza di premeditazione.
“L’amore tossico del timido che marca il territorio”
La relazione tra Turetta e Cecchettin viene descritta come un amore tossico, in cui la vittima, intelligente e solare, non aveva paura del timido e insicuro Turetta. Il difensore sottolinea che la vittima non ha modificato le sue abitudini di vita per paura e che non mostrava timore nei confronti dell’imputato. Turetta, incapace di gestire le emozioni e una relazione affettiva, resta passivo in aula e sembra accettare la pena a vita. La difesa chiede di riconoscere le attenuanti generiche e di escludere le aggravanti, cercando di evitare l’ergastolo come unica possibilità per il giovane imputato.
