Oggi come oggi il mondo dei videogiochi non è più considerato un argomento secondario, da utilizzare come esempi negativi del modo di trascorrere il proprio tempo. Anzi, nel corso dei decenni alcuni titoli sono stati cruciali nel determinare una vera e propria cultura legata al videogioco. Gli anni spartiacque in tal senso si collocano nel mezzo degli anni ’80. In tempi molto più recenti l’influenza di questi giochi è stata evidente anche nella musica ad esempio, nel modo di vestirsi e così via, tutti aspetti della vita quotidiana che sono considerati parte integrante della cultura.
Nel corso degli anni sono cambiati molti aspetti sia legati strettamente ai videogiochi sia a proposito di coloro che ne fruiscono. Riguardo al primo gruppo, è evidente come i passi avanti in ambito tecnologico abbiano avuto un riflesso innegabile nel mondo videoludico, a tutti i livelli. L’avvento di Internet ha cambiato radicalmente il modo di giocare, influenzando il gioco in senso lato. Questo vale per i tradizionali giochi in scatola, che hanno visto la loro evoluzione verso il web grazie ai giochi da tavolo digitali, ma anche per tutte le altre tipologie di gioco. Ad essere cambiata, inoltre, è anche la modalità di fruizione del gioco: non si è più costretti ad andare a comprare fisicamente l’ultimo videogioco uscito ma sono possono essere sufficienti gli abbonamenti iCloud erogati dalle principali aziende del settore. Come detto poco fa, però, a variare non è stato solo il supporto tecnologico ma anche l’utente finale. Dal 2016 in avanti l’età media di un giocatore abituale di videogiochi si è alzata notevolmente, stabilendosi all’incirca attorno ai 35 anni. Non si ha più a che fare con un modo di buttare il tempo, spesso definito in passato come un tappabuchi, ma il videogioco oggi rappresenta una forma di intrattenimento al pari di cinema e serie tv. Anzi, l’introito che l’universo dei videogiochi è in grado di generare supera nettamente i due comparti appena menzionati: nel 2023 i ricavi sono stati pari a 184 miliardi di dollari (globalmente).
Ad oggi nessuno si sogna più di mettere in discussione il videogioco come mezzo portatore di cultura. È evidente però, al pari di un libro ad esempio, come il vero elemento cruciale sia il tipo di messaggio che si intende veicolare. Ciò vale a tutti i livelli e soprattutto per tutte le categorie su cui è possibile discutere, dai futuri distopici che coinvolgono il pianeta Terra al significato di guerra. Quest’ultimo elemento connota in maniera intrinseca l’intera storia umana e il mondo dei videogiochi ne è irrimediabilmente influenzato. Questo accade sia per quanto riguarda titoli divenuti ormai cult a tutti gli effetti come Call of Duty, sia con videogiochi indipendenti che scelgono di affrontare in un determinato modo la questione del conflitto. Molti dei titoli più recenti raggiungono una complessità di trama paragonabile a quella di un film o di una serie tv, incentivando alla riflessione il giocatore che è parte integrante nella trama perché fisicamente si muove all’interno di quello scenario, diversamente dal film in cui si è consapevoli di essere solamente spettatori. Volendo citare una delle ultime uscite più ottimamente recensite, è impossibile non menzionare The Last of Us: Parte II che affronta tematiche quali lo stress post traumatico, obbligando a prendere coscienza di elementi che magari erano ignoti. Quello che viene scritto per la trattazione della guerra all’interno del videogioco può valere anche a proposito della politica ad esempio, ma ciò può essere applicato per molti aspetti della vita che riguardano chiunque. Il potenziale educativo dei videogiochi, ad oggi, non viene più messo in discussione: tutt’al più ci si può interrogare su quali siano i modi corretti per farlo.
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