Ok al vino senza alcol: cosa cambia davvero a Nordest per il Prosecco e le cantine
Via libera ai vini dealcolati anche in Italia: nel Nordest si apre una nuova fase tra nuove opportunità di mercato, investimenti tecnologici e difesa dell’identità delle denominazioni storiche.
Il brindisi di fine anno segna una svolta storica per il settore vitivinicolo italiano. Con il via libera alla produzione dei vini dealcolati anche sul territorio nazionale, il Nordest entra ufficialmente in una nuova fase, fatta di opportunità di mercato, ma anche di cautela produttiva e riflessioni identitarie. Una novità attesa da tempo, che fino a oggi aveva costretto molte aziende a rivolgersi all’estero per completare i processi di dealcolazione.
Il recente decreto interministeriale ha colmato un vuoto normativo che il comparto avvertiva come sempre più penalizzante. Il risultato è un panorama produttivo che si muove ora su binari differenziati, tra chi guarda con interesse al nuovo segmento e chi difende senza tentennamenti il valore della tradizione.
La domanda di prodotti a ridotto o nullo contenuto alcolico è in aumento costante, spinta da nuove abitudini di consumo, attenzione al benessere e apertura verso mercati internazionali con forti limitazioni culturali o religiose sul consumo di alcol. Il Nordest, e in particolare il Veneto, osserva il fenomeno con attenzione: molte aziende avevano già avviato sperimentazioni oltreconfine, in Paesi tecnologicamente più avanzati sul fronte della dealcolazione. Ora il processo può avvenire in Italia, ma non senza conseguenze. La filiera è chiamata a confrontarsi con investimenti significativi in tecnologie, competenze e impianti dedicati, elementi che potrebbero incidere in modo diverso su grandi gruppi e piccole realtà.
Nel panorama produttivo veneto, alcuni marchi storici hanno già inserito i vini no alcol e dealcolati nei propri piani di sviluppo. Montelvini ha avviato test produttivi affidandosi inizialmente a strutture estere, ottenendo risultati ritenuti coerenti con gli standard aziendali. L’obiettivo dichiarato, nel medio periodo, è quello di portare questa tipologia di prodotto a incidere in modo strutturale sulla produzione complessiva. Strategia simile per Bottega, che da tempo presidia il segmento no alcol e guarda al dealcolato come a un’estensione naturale, soprattutto in chiave internazionale. In particolare, i mercati extraeuropei e quelli a maggioranza musulmana rappresentano un bacino di sviluppo considerato ormai imprescindibile.
Accanto all’entusiasmo, però, emerge una linea di prudenza diffusa, soprattutto tra chi sottolinea la necessità di valutare con attenzione l’impatto del processo di dealcolazione sulle caratteristiche organolettiche del vino e sulla sua riconoscibilità.
Il dibattito si fa ancora più delicato quando entra in gioco il mondo delle denominazioni, in particolare quello del Prosecco. Qui il confronto non è solo tecnico o commerciale, ma profondamente culturale. Il Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg mantiene una posizione rigorosa: ogni intervento che modifichi la natura del prodotto viene considerato incompatibile con il legame tra vino, territorio e tradizione. La linea è quella della continuità assoluta, sostenuta anche da numeri di mercato che confermano una fase estremamente positiva, con quasi 98 milioni di bottiglie vendute nel 2025 e una crescita significativa rispetto all’anno precedente.
Più riflessiva, ma altrettanto cauta, la posizione dell’Asolo Prosecco Docg, dove il tema viene osservato come possibile evoluzione futura, senza forzature e senza accelerazioni, lasciando spazio a un confronto interno ancora in fase embrionale. Diversa l’impostazione del Consorzio Prosecco Doc, che pur escludendo in modo netto l’ipotesi di un Prosecco completamente privo di alcol, lavora da tempo su una riduzione controllata della gradazione. La strada scelta è quella della gestione del processo fermentativo, ritenuta la più adatta a preservare profilo aromatico, equilibrio gustativo e riconoscibilità del prodotto. I primi risultati indicano una possibile collocazione del Prosecco “low alcohol” attorno agli 8–9 gradi, una soglia che potrebbe ampliare il pubblico senza snaturare l’identità della denominazione.
Il via libera ai vini dealcolati apre dunque una nuova stagione per il Nordest del vino, dove l’innovazione tecnologica si intreccia con la difesa delle radici. Il settore si muove in ordine sparso, consapevole che il mercato chiede risposte, ma altrettanto attento a non compromettere un patrimonio costruito in decenni di lavoro. La sensazione è che il futuro non sarà fatto di contrapposizioni nette, ma di strategie differenziate, capaci di convivere: da un lato prodotti pensati per nuovi consumatori e nuovi contesti, dall’altro denominazioni che continueranno a puntare su autenticità, territorio e continuità come elementi distintivi.