“L’infermiere di comunità sarà un importante pilastro per lo sviluppo della sanità territoriale, sia per l’assistenza alle persone che per la promozione della salute. Per istituire e certificare questa figura, in linea col Decreto Ministeriale 77/2022 di riorganizzazione della medicina territoriale, abbiamo avviato un percorso che porterà, entro il 2025, a rendere attivi sul territorio 400 infermieri di famiglia o comunità”.
Lo ha annunciato questa mattina il vicepresidente con delega alla Salute del Friuli Venezia Giulia Riccardo Riccardi, intervenuto a Udine, nella sede della Regione, alla presentazione-incontro “L’infermiere di famiglia o comunità: il modello assistenziale in Fvg. Policy regionale” cui hanno preso parte i presidenti degli ordini professionali e i rettori delle università di Udine e di Trieste. “Questa figura avrà un ruolo determinante nei processi di assistenza e cura dei cittadini-utenti e nell’attivazione di quella che si può chiamare la “sanità di iniziativa” – ha spiegato Riccardi -. La presa in carico della persona avverrà per livelli di complessità: la popolazione, cioè, sarà “stratificata” per livello di rischio, per il quale sarà declinata una funzione di infermiere di comunità. In questo modo si riuscirà a dare risposte il più possibile appropriate, corrette ed esaustive alle persone”.
“L’infermiere di famiglia o comunità opererà in integrazione con tutti i professionisti presenti a livello territoriale tra cui medici di medicina generale, assistenti sociali, fisioterapisti, educatori, ecc. In alcune aree della regione, negli anni scorsi, sono stati già sviluppati modelli di infermieristica di comunità: nella Bassa Friulana, ad esempio, e nell’area Isontina. Con il modello che sarà avviato ora in Friuli Venezia Giulia si andrà a uniformare la figura di questo professionista della salute sull’intero territorio. Lo standard riferimento è di un infermiere di famiglia ogni 3.000 abitanti” ha aggiunto Riccardi.
“L’infermiere sarà punto di riferimento per la comunità per l’assistenza infermieristica generale; sarà presente in modo connettivale nei diversi setting territoriali: ad esempio negli ambulatori, in accordo con le amministrazioni locali, vicino al medico di medicina generale e l’assistente sociale, perché la prossimità fisica aiuta a realizzare la presa in carico e l’integrazione tra tutti i professionisti e tutti i servizi”. “Non sarà solo un infermiere che eroga prestazioni ma si renderà “attivatore” di vicinato, parrocchia e altre realtà di volontariato della comunità locale perché alla cronicità non può bastare soltanto una risposta prestazionale tecnica: occorre invece una presa in carico globale per offrire alle famiglie che hanno al loro interno pazienti portatori di patologie croniche una risposta a 360 gradi, anche con l’assistenza di tipo tutelare e relazionale”.
“Gli infermieri di comunità si adopereranno per promuovere interventi di promozione e di educazione alla salute proprio per attivare e sviluppare stili di vita sani. A questi obiettivi si arriverà in modo graduale con la formazione specifica e informando tutti gli stakeholders della progettualità. Il percorso formativo regionale per lo sviluppo dell’infermieristica di famiglia o comunità è strutturato in circa 90 ore di formazione residenziale e 200 ore di tirocinio al fine di far acquisire ai professionisti le conoscenze utili ad agire le competenze specifiche necessarie” ha concluso Riccardi.
Visiti spesso Nordest24? Ora puoi rimuovere tutta la pubblicità e goderti una lettura più piacevole, veloce e senza distrazioni. Clicca qui per maggiori informazioni