In riferimento alla produzione dello spumante, si parla spesso di metodo Charmat. Questo processo di produzione, che viene chiamato anche con il nome di metodo Martinotti, è uno dei più diffusi. La dicitura deriva da due importanti figure, Eugène Charmat e Federico Martinotti. Quest’ultimo è stato un enologo che ha sviluppato il metodo in questione e ha pubblicato uno studio nel 1895 dedicato al procedimento per la realizzazione continua dei vini spumanti. Ma è stato Eugène Charmat a migliorare successivamente e a brevettare, nel 1910, la tecnica. Per questo il nome più comunemente utilizzato è quello del metodo Charmat, anche se entrambi i nomi sono usati in maniera equivalente.
La storia affascinante del metodo Charmat
Il settore del vino è intriso di tradizione e innovazione e i suoi vari metodi di produzione spesso suscitano grande interesse tra gli appassionati che, grazie a riviste e siti internet dedicati (possiamo citare winemeridian.com, uno dei più autorevoli e ricchi di contenuti), possono restare costantemente aggiornati su novità, eventi e curiosità. Tra le tecniche di produzione riguardanti i vini spumanti, il metodo Charmat ha una storia affascinante ed è un’invenzione attribuita a una figura chiave nel mondo dell’enologia. Esplorare le sue origini e il suo funzionamento offre dunque uno sguardo affascinante sulle tecniche di produzione vinicola e sulle diverse sfumature che caratterizzano i vini spumanti.
Come viene effettuato il metodo Charmat
Il metodo Charmat è stato messo a punto con l’obiettivo principale di ridurre i costi della produzione dello spumante. Martinotti, nello scritto che ha realizzato, ha affermato di non voler effettuare una competizione con lo champagne, ma di cercare una soluzione per abbassare i costi del processo produttivo. Da questa necessità nasce l’idea di una fermentazione più rapida, effettuata su una maggiore quantità di prodotto.
Nel metodo Martinotti (o metodo Charmat) la seconda fermentazione non si verifica in ogni singola bottiglia, ma avviene in grandi dimensioni in luoghi che possono contenere fino a centinaia di ettolitri. Dopo aver raggiunto il vino di base, si aggiungono zuccheri e lieviti per avviare il processo di fermentazione. L’anidride carbonica prodotta dalla combinazione di lieviti e zuccheri rimane nel vino perché viene utilizzato un grande contenitore di acciaio chiuso, a basse temperature.
La differenza tra Charmat e metodo classico
Per scoprire tutte le caratteristiche del metodo Charmat, è necessario anche approfondire come avviene la procedura classica. Il metodo classico richiede una serie di passaggi più lunghi rispetto ad altri metodi. In questo processo, la presa di spuma si verifica nella bottiglia e può avere una durata compresa tra 24 e 36 mesi, con alcuni casi eccezionali che potrebbero andare oltre.
L’aspetto fondamentale del metodo classico è la seconda fermentazione nella bottiglia. La combinazione di vini selezionati è imbottigliata con l’aggiunta di zuccheri e lieviti scelti accuratamente e poi il tutto viene posto in orizzontale per il periodo stabilito.
Dopo un periodo di 24 o 36 mesi, le bottiglie vengono sistemate su supporti specifici e girate progressivamente con il collo inclinato verso il basso. L’obiettivo consiste nel portarle del tutto a testa in giù dopo alcuni mesi, in modo che i lieviti possano sedimentare nella parte del tappo. Alla fine, dopo la procedura della sboccatura, si aggiunge una miscela di vino e zuccheri approvata dai professionisti del settore.
La storia del metodo classico, conosciuto anche con il nome di Champenois, è legata ad una vera e propria leggenda. Si dice che sia stato Dom Pérignon, un monaco del Seicento che era responsabile dei vigneti nel monastero di Hautvillers, ad utilizzare per la prima volta questo metodo, mettendo a punto dei vini con caratteristiche uniche nel loro genere.